La Risposta Rilassante di Benson per la promozione della resilienza


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La Risposta Rilassante di Benson

Lo stress prolungato può produrre significativi danni alla salute psicofisica, i quali rappresentano l’esito di una costante attivazione fisiologica del sistema di risposta allo stress.

In queste condizioni l’organismo attiva meccanismi definiti come attacco-fuga, ossia una risposta psicofisiologica dell’organismo che aumenta il battito cardiaco, la pressione sanguigna, e il consumo di ossigeno, entrando in uno stato di iperarousal, ossia uno stato psicofisico di attivazione che innesca i pattern comportamentali di attacco/fuga e freezing, producendo una risposta che può essere caratterizzata da iperdifensività, reattività emotiva, ipervigilanza, immagini ed emozioni intrusive e pensieri ossessivi o accellerati (Pietrantoni, Prati, 2009).

Ciò che avviene dunque in condizioni di stress è una risposta del sistema nervoso simpatico che prepara l’organismo ad affrontare un pericolo o un’attività logorante da un punto di vista energetico. Tale risposta del sistema dello stress nasce dall’attivazione dell’asse ipotalamo-surrene, un sistema di controllo e di regolazione la cui azione è innescata dal sistema limbico che stimola l’ipotalamo a produrre corticotropina, la quale a sua volta stimola l’ipofisi a produrre adrenocorticotropina, il quale raggiunge la corteccia dei reni che liberano cortisolo nella circolazione sanguigna, quest’ultimo, definito non a caso “ormone dello stress”, è responsabile della risposta di stress da parte dell’organismo (Ibidem).

Le conseguenze a lungo termine più comuni dello stress prolungato includono fatica, deperimento muscolare, diabete steroideo, ipertensione, ulcere, decalcificazione delle ossa, interruzione dell’ovulazione, impotenza, perdita del desiderio sessuale, diminuita resistenza alle malattie, apatia e accellerata degenerazione neurale durante l’invecchiamento (Breedlove, Rosenzweig, Watson, 2009).

Nel corso degli studi effettuati a partire dai primi anni ’70 del secolo scorso sulla risposta del sistema dello stress, e in particolare circa lo stato di salute cardiovascolare di un campione di persone che praticavano la Meditazione Trascendentale, Herbert Benson scoprì un tipo di risposta dell’organismo che rappresentava fondamentalmente l’opposto di quella appena descritta, definendola “Risposta Rilassante”, iniziando a raccogliere significative prove degli effetti positivi del rilassamento sull’espressione genica di quelle sequenze genomiche correlate con la presenza di sintomi da stress o post-traumatici, mostrando come esistesse una risposta fisiologica dell’organismo diametralmente opposta a quella stressante, in grado di produrre effetti benefici sull’organismo arrivando a “silenziare” l’espressione genica di quelle sequenze connesse con l’esposizione allo stress (Stang, 2015, 135).

La Risposta Rilassante è dunque una risposta fisiologica opposta a quella di attacco-fuga o di stress, ed è caratterizzata quindi da “uno stato ipometabolico vigile” (Park et al., 2012) in quanto sono presenti (Benson, Proctor, 2010):

  1. una diminuzione del metabolismo, del battito cardiaco, della pressione sanguigna, della frequenza del respiro;

  2. una diminuzione o effetto calmante dell’attività cerebrale;

  3. un aumento dell’attenzione e delle abilità decisionali del cervello;

  4. cambiamenti nell’espressione genica che sono l’opposto di quelli che avvengono in risposta ad una fonte di stress continua

Le ricerche di Benson hanno quindi messo in luce come fosse possibile indurre delle profonde risposte benefiche da parte dell’organismo attraverso la mente, come essa fosse indissolubilmente legata al corpo, e viceversa, e come fosse possibile elicitare questa risposta rilassante da parte del corpo attraverso differenti tecniche di rilassamento, sfruttando le tecniche di induzione del rilassamento già conosciute come il Rilassamento Progressivo di Jacobson, il Training Autogeno di Schultz, la Meditazione Trascendentale e lo Yoga, tutti approcci accomunati da un’attitudine verso il proprio esercizio di concentrazione passiva, ossia lasciar accadere dentro di sé ciò che viene, senza sforzo o impulsività nel controllarlo (Benson, Klipper, 1976).

Benson sostiene che la Risposta Rilassante sia associata ad un determinato stato di coscienza alterato1, dal momento che essa non avviene spontaneamente, bensì deve essere coscientemente e specificamente evocata attraverso delle tecniche di rilassamento (Ibidem).

Analizzando le componenti fondamentali di diverse tradizioni di meditazione occidentale e orientale, Benson definì quelle che possono essere considerati quattro punti fondamentali per stimolare la Risposta Rilassante, ossia:

  1. Un ambiente calmo, in cui sia presente il minor numero di distrazioni possibile favorendo la concentrazione;

  2. Uno stratagemma mentale2, ossia uno stimolo su cui concentrarsi durante il rilassamento, il quale può essere un suono, una frase ripetuta internamente, il ritmo del proprio respiro, un qualsiasi elemento che permetta alla mente di passare da uno stato focalizzato verso l’esterno ad una disposizione di contatto interiore;

  3. Un atteggiamento passivo, il quale è probabilmente l’elemento fondamentale nello stimolare la Risposta Rilassante, e consiste nel non preoccuparsi della propria prestazione, nel riconoscere eventuali pensieri distraenti, essere consapevoli del loro emergere alla coscienza, e decidere di lasciarli andare concentrandosi nuovamente sullo stratagemma mentale;

  4. Una posizione confortevole, fondamentale per non indurre tensione muscolare, sufficientemente comoda da permettere un completo rilassamento, e allo stesso tempo da impedire di addormentarsi.

Rispetto a questi quattro elementi, dobbiamo ricordare che la Risposta Rilassante non è una tecnica in sé, bensì uno stato psicofisiologico indotto, e che può essere raggiunto da qualsiasi approccio al rilassamento o alla meditazione che consideri i quattro punti descritti come linee guida.

L’utilizzo delle tecniche di stimolazione della Risposta Rilassante sono state applicate negli ultimi decenni in diverse aree, prima fra tutte la prevenzione e la riabilitazione in pazienti con problematiche cardiovascolari, rivelandosi inoltre un ottimo strumento nel gestire l’insonnia, disagi legati alla menopausa, infertilità, dolore cronico e sintomi generalmente riferiti allo stress (Casey, Benson, 2004).

Il Benson-Henry Protocol3 (Benson, Proctor, 2010, 9-10), un protocollo di rilassamento per fasi, si basa sull’unione di una prima fase di “Attivazione della Risposta Rilassante” e una seconda di “Visualizzazione”, nello specifico le fasi del protocollo di rilassamento con questa tecnica sono:

  • Fase 1: Attivazione della Risposta Rilassante

    • Scegli una parola chiave, un’immagine o una breve preghiera. In alternativa, focalizzati solo sul tuo respiro durante l’esercizio;

    • Trova un luogo tranquillo e siediti con calma in una posizione confortevole;

    • Chiudi gli occhi;

    • Rilassa progressivamente tutti i tuoi muscoli;

    • Respira lentamente e con naturalezza. Quando espiri, ripeti o presta silenziosamente attenzione alla parola o alla frase scelta all’inizio, o semplicemente al ritmo del tuo respiro;

    • Assumi una disposizione passiva. Quando altri pensieri emergono, pensa semplicemente, “Oh bene”, e torna al focus;

    • Continua con questo esercizio per circa 12-15 minuti;

    • Pratica questa tecnica almeno una volta al giorno.

  • Fase 2: Visualizzazione

  • Usa l’immaginazione, per esempio visualizza una scena serena nella quale sei libero del tuo problema, della tua condizione medica, sei in grado di recuperare le tue aspettative, convinzioni e ricordi riguardo alla guarigione. Questa seconda fase di solito necessita di circa 8-10 minuti4.

Il costrutto studiato e proposto da Benson è divenuto centrale in diversi protocolli di intervento multicomponenziali in cui le tecniche di induzione della Risposta Rilassante sono state associate a tecniche cognitive, mostrando l’efficacia di tali interventi nel ridurre sintomi ansiosi, depressivi e da stress, aumentare comportamenti salutari e nel miglioramento dei sintomi legati a insonnia, ipertensione, cefalee (Nakao et al., 2001; Jacobs, 2001; Dusek et al., 2004; Samuelson et al., 2010).

In un mondo in cui le aspettative di vita si allungano e aumentano invece disturbi e patologie croniche, l’utilizzo della Risposta Rilassante sembra rappresentare un’ottima via da percorrere per poter intervenire sulla salute in maniera significativa, sfruttando uno strumento naturale che se stimolato e allenato può bilanciare e ridurre l’impatto che lo stress, in tutte le sue forme, produce nello sviluppo di disturbi fisici e mentali come espressione di una unità mente-corpo.

Resilienza: i principali modelli psicosociali

Prima di passare a descrivere più nel dettaglio l’applicazione della Risposta Rilassante nella promozione della resilienza, andiamo in questo paragrafo a sintetizzare gli elementi fondamentali da considerare per descrivere efficacemente questo costrutto.

Il concetto di resilienza ha assunto in psicologia il significato di abilità che mostrano gli individui che riescono a fronteggiare con successo le avversità presenti in un ambiente (Laudadio, Mancuso, 2015).

Nel suo significato più ampio il termine resilienza si riferisce quindi alla capacità, alla cui base sono identificabili tre tratti definiti hardiness (robustezza psicologica), ego-resiliency e forza dell’io, di adattarsi nonostante la presenza di fattori di rischio, stressor o traumi (Pietrantoni, Prati, 2009).

Esistono diversi modelli di resilienza di cui sono qui descritti alcuni dei principali.

Bonanno (2004) distingue tra recupero e resilienza, dal momento che il primo implica una traiettoria di sviluppo in cui a partire da un evento stressante si assiste ad un periodo iniziale di sintomi sottosoglia e difficoltà interpersonali, e successivamente si osserva un graduale recupero del livello di funzionamento precedente all’evento stressante; la resilienza implica, secondo Bonanno, la capacità di mantenere durante tutto il percorso evolutivo un livello stabile di funzionamento psichico senza subire grossi sconvolgimenti nell’equilibrio psichico, con l’eccezione di solo momentanee cadute. Una risposta resiliente in presenza di fattori di rischio rappresenterebbe circa il 35-55% delle persone, nelle quali a seguito di una disfunzione transitoria, si osserva un adattamento al contesto mutato in tempi estremamente rapidi.

Zimmerman e Fergus (2005) distinguono fra tre modelli di resilienza partendo dal presupposto che la resilienza non si presenti come un tratto stabile di personalità, bensì come un processo dinamico in cui si alternano fattori protettivi e fattori di rischio.

Il primo modello di resilienza proposto dagli autori è definito modello compensativo, e presuppone che i fattori protettivi contrastino in modo diretto i fattori di rischio. Il secondo modello è quello protettivo, nel quale l’effetto dei fattori protettivi modula l’azione dei fattori di rischio in modo indiretto. Il terzo modello è definito di sfida, nel quale il rapporto tra fattori di rischio e protettivi segue un andamento curvilineare, ossia presentano la stessa variabilità, evidenziando come sia invece determinante il livello di esposizione ad un fattore per renderlo determinante o meno.

Il modello di Richardson (2002) descrive invece da un punto di vista umanistico la resilienza come l’energia necessaria per realizzare la propria tendenza attualizzante, che permette di superare quelle rotture della continuità della propria cornice esistenziale, riprendere la propria crescita personale in maniera integrata e coerente con il proprio Sé.

Secondo questo Autore è fondamentale considerare lo stress e il trauma in un’ottica soggettiva, determinata dal processo di valutazione personale che l’individuo porta avanti rispetto ad un evento ed al suo impatto sul Sé, sulle possibili trasformazioni personali che possono prendere il via da una disorganizzazione e sulla ridefinizione dei propri obiettivi, riportando l’individuo ad uno stato di omeostasi tra mente e corpo definito biopsicospirituale.

Il modello di Richardson presuppone inoltre quattro diversi itinerari a fronte di esperienze traumatiche o stressanti, ossia: (1) reintegrazione con ritorno all’omeostasi, quindi un ritorno alle condizioni precedenti alla difficoltà senza una crescita specifica; (2) reintegrazione resiliente con crescita, ossia un recupero e una crescita in termini di competenze, conoscenze e consapevolezza di sé che segue ad un evento avverso; (3) reintegrazione con perdita, nella quale avviene un parziale recupero del funzionamento psichico precedente, tuttavia la perdita è troppo grande per far sì che le capacità dell’individuo possano riequilibrarne l’integrazione spontanea; (4) reintegrazione disfunzionale, un percorso di sviluppo segnato dall’utilizzo di comportamenti distruttivi per la persona che non riesce a rielaborare la propria esperienza in un nuovo orizzonte esistenziale (Laudadio, Mancuso, 2015).

L’individuo resiliente presenta quindi tre categorie di risorse psicosociali che permettono di definirne gli elementi alla base di un adattamento sano alle sfide (Pietrantoni, Prati, 2009).

Le risorse personali dell’individuo resiliente riguardano la presenza di quei tratti disposizionali, come l’hardiness, il quale rappresenta a sua volta l’aggregato di tre dimensioni quali impegno, ossia la tendenza a portare a termine qualcosa piuttosto che rinunciare, controllo, sentirsi capaci di controllare la situazione, e senso di sfida, quindi la prospettiva degli eventi non come minacce, ma come opportunità di crescita. Appare importante il ruolo del sense of coherence, ossia la tendenza a valutare gli eventi come comprensibili, dotati di senso, strutturati e inquadrabili nella complessità di un quadro generale della realtà e della continuità del Sé.

Le persone più resilienti sono inoltre quelle che presentano uno stile esplicativo ottimista, il quale rappresenta un fattore determinante per innescare il meccanismo che viene definito come “spirale verso l’alto” (Fredrickson, Joiner, 2002), ossia un flusso di pensieri positivi che rappresenta un fattore protettivo nei confronti di potenziali pensieri depressivi.

Le risorse processuali includono soprattutto quelle credenze circa la propria autoefficacia nel poter fronteggiare gli eventi, in particolare le strategie di coping attive, tra le quali possiamo elencare la ricerca di supporto sociale, l’assunzione di una prospettiva di sfida, la ridefinizione dello stressor in chiave positiva e l’impegno nella ricerca di soluzioni al problema (Laudadio, Mancuso, 2015).

Le risorse socioambientali includono prevalentemente il fondamentale apporto in termini positivi che garantisce una rete di supporto sociale, grazie alla quale è possibile condividere esperienze e significati, mettere in atto strategie comuni di fronteggiamento, rielaborare la cornice esistenziale di un evento, validare la propria esperienza soggettiva e sviluppare un senso di appartenenza ad una storia comune (Pietrantoni, Prati, 2009).

Un fattore che infine non possiamo sottovalutare in relazione alla resilienza è il costrutto di carico allostatico proposto da McEwen e Stellar (2000), ossia il “prezzo” che l’organismo paga per sforzarsi nell’adattarsi a condizioni psicosociali o fisiche avverse, potendo rappresentare l’esito sia di un eccessivo carico di stress, sia di un cattivo funzionamento del sistema ormonale di risposta allo stress, il quale potrebbe presentare gli effetti di una difficoltà di attivazione/disattivazione.

Pur nella pluralità di definizioni, di cui sono qui riportate solamente alcune, il costrutto della resilienza è evidentemente fondamentale da considerare in un’ottica preventiva e promozionale, dal momento che dal potenziamento delle risorse coinvolte nel suo sviluppo passa la possibilità di educare individui che sappiano fronteggiare in modo efficace lo stress acuto e cronico, che riescano a trasmettere a loro volta abilità e competenze essenziali per preservare gli individui nella loro salute intesa come funzionamento ottimale complessivo di un organismo che tiene il conto dello stress sia in termini psicologici che somatici.

Il Relaxation Response Resiliency Program (3RP)

A conclusione di questo breve elaborato, andiamo a sintetizzare il contributo della Risposta Rilassante di Benson all’interno di un programma multimodale in 8 sessioni messo a punto da Park e colleghi per la promozione della resilienza e la gestione dello stress cronico (Park, 2013).

Il 3RP si basa sull’estesa ricerca che mostra come la Risposta Rilassante di Benson sia associata con la promozione di fattori che numerosi studi mostrano come correlati con la promozione della resilienza, rappresentando un costrutto estremamente valido per promuovere interventi che insegnino abilità necessarie ad una corretta gestione delle emozioni, dell’arousal, e più in generale di tutte quelle risposte del sistema nervoso parasimpatico. Questo programma si basa dunque sui principi della gestione dello stress, della terapia cognitivo-comportamentale e della psicologia positiva, concentrandosi su tre aree bersaglio, ossia:

  • la stimolazione della Risposta Rilassante;

  • la valutazione dello stress;

  • il coping e il potenziamento della crescita personale (Ibidem)

Il percorso del Relaxation Response Resiliency Program ha come obiettivo fondamentale dunque la promozione di risposte adattive allo stress cronico attraverso l’incremento della consapevolezza e, allo stesso tempo, la riduzione degli effetti fisiologici, emotivi, cognitivi e comportamentali risultanti dall’azione del sistema di risposta allo stress.

Il costrutto di resilienza su cui poggia il 3RP corrisponde ad una definizione multicomponenziale costituita da cinque punti fondamentali che sono: (1) la capacità di circoscrivere le risposte di paura, in modo da poter mettere in atto strategie efficaci attraverso forme attive di coping; (2) la capacità di utilizzare comportamenti pro-sociali per costruire dei legami e una rete di supporto fondati sull’altruismo; (3) l’abilità di utilizzare abilità cognitive per ridefinire il significato di stimoli negativi in maniera più positiva; (4) la capacità di sperimentare soddisfazione e ricompensa attraverso l’ottimismo disposizionale e una disposizione emotiva positiva; (5) l’integrazione di una prospettiva di senso e di scopo nella vita attraverso la connessione della propria dimensione morale, esistenziale e spirituale (Ibidem).

Il programma si svolge attraverso incontri di un’ora e mezza a settimana per 8 settimane e può essere suddiviso nei seguenti capitoli e relativi obiettivi:

  1. Il Relaxation Response Resiliency Program5:

    1. Introdurre il Relaxation Resiliency Program e le sue tre componenti;

    2. Trattare le modalità di stimolazione della Risposta Rilassante;

    3. Introdurre un metodo di stimolazione della Risposta Rilassante: la meditazione focalizzata su un singolo punto;

    4. Introdurre il concetto di apprezzamento;

    5. Definire il programma e gli obiettivi settimanali;

    6. Identificare le proprie fonti di stress e le risorse di coping;

  2. La Risposta Rilassante:

    1. Introdurre un metodo di stimolazione della Risposta Rilassante: la consapevolezza del respiro;

    2. Descrivere la relazione tra Risposta Rilassante, salute e benessere;

    3. Introdurre Minis6 come metodo per ridurre la tensione e l’ansia nell’arco della giornata;

    4. Valutare il sonno ristoratore;

  3. Le quattro componenti dello stress: emotive e comportamentali:

    1. Introdurre un metodo di stimolazione della Risposta Rilassante: il Training Autogeno;

    2. Apprendere il modello a quattro componenti dello stress;

    3. Identificare le componenti emotive e comportamentali del proprio stress;

  4. Le quattro componenti dello stress: fisiche e cognitive:

    1. Introdurre un nuovo metodo di stimolazione della Risposta Rilassante: il Chair Yoga;

    2. Descrivere le componenti fisiche e cognitive dello stress;

    3. Descrivere i pensieri automatici e auto-svalutanti;

    4. Definire i diversi tipi di distorsioni cognitive, e apprendere come individuarle;

  5. Costruire una prospettiva positiva:

    1. Introdurre un nuovo metodo di stimolazione della Risposta Rilassante: la visualizzazione di un luogo felice;

    2. Utilizzo della rivalutazione cognitiva come modalità adattiva;

    3. Chiarire come un’attitudine positiva possa aumentare la resilienza sul lungo periodo;

    4. Apprendere concetti e strategie per promuovere l’attitudine positiva;

  6. Attenzione consapevole e Accettazione:

    1. Introdurre un nuovo metodo di stimolazione della Risposta Rilassante: l’attenzione consapevole;

    2. Uso delle strategie di applicazione dell’attenzione consapevole nell’arco della giornata;

    3. Conoscere i diversi stili di coping: coping centrato sul problem-solving e sull’accettazione;

    4. Esplorare lo sviluppo dell’accettazione, una qualità fondamentale del coping basato sull’accettazione;

  7. Stati della mente curativi:

    1. Introdurre un nuovo metodo di stimolazione della Risposta Rilassante: la meditazione focalizzata sull’amore e la gentilezza;

    2. Introdurre e definire le tipologie di supporto sociale;

    3. Apprendere come selezionare le strategie di coping: problem –solving e accettazione;

    4. Praticare l’umorismo per promuovere i processi di valutazione e di accettazione;

    5. Introdurre un nuovo metodo di stimolazione della Risposta Rilassante: il Sé ideale;

  8. Rimanere resilienti:

    1. Chiarire come l’empatia possa promuovere la resilienza sul lungo periodo;

    2. Revisione delle strategie apprese per la stimolazione della Risposta Rilassante;

    3. Sviluppo di un piano per continuare ad utilizzare le strategie del programma;

    4. Stabilire degli obiettivi per il futuro;

Come è possibile notare dalle 8 unità, ogni incontro inizia con la pratica di un esercizio specifico mirato alla produzione della Risposta Rilassante attraverso differenti tecniche; la presenza della Risposta Rilassante all’inizio di ogni incontro serve a calmare la mente e preparare i destinatari dell’intervento allo stato di concentrazione necessario ad assorbire nuove abilità e competenze, potendo sfruttare gli effetti di una disposizione serena, consapevole e positiva che, oltre a favorire l’acquisizione di informazioni, rappresenta già di per sé un’efficace strategia di risposta allo stress.

Un’ulteriore riflessione che possiamo brevemente accennare riguarda gli effetti positivi sull’elaborazione delle informazioni grazie alla Risposta Rilassante. Se consideriamo come in uno stato di rilassamento le informazioni vengano elaborate in un contesto di integrazione tra le diverse aree del cervello, la Risposta Rilassante permette di accedere a quelle funzioni superiori della neocorteccia che permettono di utilizzare abilità metacognitive fondamentali per la riflessione su di sé, per l’elaborazione delle esperienze stressanti, oltre che a sua volta per una corretta regolazione dell’arousal che permetta di acquisire nuove informazioni accedendo a tutte le risorse di entrambi gli emisferi che possono funzionare in modo integrato.

La Risposta Rilassante inoltre permette di ristabilire un equilibrio di attivazione emotiva di base funzionale a stabilire interazioni sociali fondate su di uno scambio empatico, permettendo di promuovere la dimensione della socializzazione e di tutti i suoi effetti benefici in termini di efficacia nella risposta allo stress che sono stati descritti in precedenza.

Infine, uno stato di rilassamento permette di raggiungere delle risorse in termini di creatività che sono alla base delle attività artistiche, che sono esse stesse un fattore protettivo e l’espressione di modalità di coping che permettono di gestire lo stress cronico e acuto, oltre a fornire un’incredibile opportunità di crescita personale (Liotti, Farina, 2011).

Ulteriore ricerca è sicuramente necessaria per definire chiaramente l’efficacia di questo tipo di protocollo con studi randomizzati, con il preciso obiettivo di definire i meccanismi e i risultati in termini psicologici, fisiologici, biologici e genetici che sono coinvolti nell’utilizzo della Risposta Rilassante in questa tipologia di interventi.

1Con “stato di coscienza alterato” facciamo riferimento ad una modalità di esperienza della realtà differente dalla sua percezione e interazione ordinaria (Randolph-Seng, 2014)

2Traduzione personale di “mental device”

3Traduzione personale dal protocollo originale in inglese

4Il tempo totale necessario per le due fasi è di circa 20-25 minuti per sessione.

5Traduzione personale dal protocollo originale in inglese

6Meditazioni di durata inferiore ai 10 minuti

 

Riferimenti bibliografici

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