Il ciclo di autoregolazione del comportamento secondo Carver e Scheier
Nella sua Enciclopedia della psicologia Galimberti (2007, 198) definisce il cognitivismo come una «corrente della psicologia contrapposta al comportamentismo, che concepisce la mente […] come un elaboratore di informazioni attivo che di continuo verifica la congruenza tra il proprio progetto comportamentale e le condizioni oggettive esistenti, filtrando le informazioni e autocorreggendosi come accade con i servomeccanismi di tipo cibernetico». Questa definizione coglie l’aspetto centrale della teoria del controllo di Carver e Scheier (1981; 1982; 1998 trad. it. 20041), che si focalizza sul tentativo di definire i meccanismi alla base del comportamento considerandolo come «conseguenza di un sistema di guida insito all’interno dei sistemi viventi» (Carver & Scheier 1998) regolato a vari livelli da forme di retroazione positiva e negativa, da un sistemi gerarchico di scopi e da informazioni in entrata e in uscita, le cui dinamiche strutturali e processuali definiscono le differenze individuali. Gli autori in un certo senso sviluppano il modello e le intuizioni di Miller, Galanter e Pribram (1960) circa la progettualità e pianificazione nel comportamento delle persone (cit. in Legrenzi 2012). Scopo del presente lavoro è la presentazione della teoria.
Il modello fa parte della famiglia dei modelli motivazionali aspettativa-valore (Carver & Scheier cit.) che ha diversi esponenti (cfr. Atkinson 1964; Vroom 1964). Prendiamo a paradigma il modello di Atkinson (1964) che si focalizza sull’importanza dell’utilità soggettivamente attesa nelle scelte degli individui formalizzata nell’equazione Ts= Ms x Ps x Is, in cui la tendenza al successo o a cimentarsi in un determinato compito (Ts) è uguale al prodotto del motivo al successo inteso come disposizione stabile (Ms), per la probabilità di successo (Ps) per l’incentivo rappresentato dal successo (cfr. Caprara & Gennaro, 1994). Il modello che verrà presentato considera sotto altro nome questi elementi e ne aggiunge altri, insieme alle relazioni che ne scaturiscono.
Tale teoria fa uso di un numero limitato di elementi per spiegare un’ampia varietà di fenomeni; le dinamiche tra gli elementi sono semplici e generano complessità; presenta valore euristico rispetto a diverse aree di intervento; sembra in grado di descrivere sia le transazioni tra individui che quelle tra individuo e situazione, fornendo i parametri atti ad analizzare le conseguenze reciproche e dando adeguato peso alle esperienze emotive individuali, oltre i limiti di approcci strutturalisti2.
Struttura del modello di Carver e Scheier
Gli autori affermano che le discipline scientifiche considerano i processi retroattivi come i mattoni che costruiscono la natura, pertanto li considerano un punto di partenza adeguato per indagare il comportamento umano (cfr. Carver & Scheier 2012).
Verrà di seguito presentata la struttura del modello, costituita dal meccanismo di retroazione e dagli elementi che lo strutturano rispetto al comportamento: gli scopi, il sé, le aspettative di risultato, l’affettività emergente dal processo applicato al comportamento.
La concezione di comportamento umano come riflesso di una gerarchia di processi di controllo (cfr. Powers 1973), viene utilizzata dagli autori come euristica concettuale nell’ambito degli studi in psicologia sociale e della personalità (Carver & Scheier 2012). I parametri rispetto ai quali definire la precisione di un sistema e la sua accuratezza di funzionamento sono ignorati (cfr. Carver & Scheier 1981) e il focus è posto sugli elementi più generali del comportamento come scopi, informazioni, aspettative ed affetto, sempre presenti nel comportamento umano (cfr. Carver & Scheier 1998).
Il sistema retroattivo
Il sistema retroattivo è un’entità legata ai concetti di informazione in entrata e in uscita, input, ouput, controllo (cfr. von Bertalanffy, 1968), e le azioni che mette in atto.
Si può definire l’informazione come qualcosa che riduce l’incertezza (Brody 1970). Può essere di tipo analogico (continua) o digitale (discreta) e costituisce la materia di cui è fatta l’interazione con la realtà a livello individuale e sociale. L’informazione in entrata (input) e quella in uscita (output) nell’individuo è integrata ed elaborata su più livelli. Nel comportamento umano un input può essere una rappresentazione mentale, la funzione di output rispecchia le condotte sia overt che covert (cfr. Carver & Scheier 1998).
Per controllo si intende la sequenzialità implicita in una serie di istruzioni, ognuna delle quali attende l’esecuzione di quella precedente ed è condizione da cui dipende l’esecuzione della conseguente (Carver & Scheier 1981). La logica di funzionamento sottesa è lineare e stadiale, e si presenta su più livelli generando complessità (vedi fig.1).
Per azione si intende una sequenza consapevole e deliberata di movimenti finalizzati al raggiungimento di uno scopo, svolta in base a un piano e controllata dall’attenzione esecutiva, idonea a generare specifici effetti sull’ambiente (Anolli 2012).
Un sistema retroattivo è costituito da più cicli di retroazione composti da quattro elementi: l’input, il comparatore (struttura che applica confronti), il valore di riferimento (termine di paragone con l’input), la funzione di output (Powers 1973). La logica di funzionamento applicata è del tipo test-operate-test-exit (Miller, Galanter, Pribram 1960): l’ingresso dell’input nel sistema elicita un confronto tra esso e il valore di riferimento (Test). Questo confronto può dare due esiti:i valori confrontati sono diversi oppure no. Nel primo caso l’ouput ha effetto sull’ambiente in concomitanza con altri elementi che possono agire in maniera favorevole (riduzione) o sfavorevole (aumento) rispetto alla discrepanza. In assenza di essa (successivo Test) il sistema cessa di operare (Exit). Nel secondo caso sarà necessario un aggiustamento dell’output e l’avvio di un ciclo successivo. Al confronto segue una funzione di output (Operate) che agirà sui valori rilevati per conformarli a quello di riferimento. Il sistema da questo punto di vista agisce intenzionalmente: il fine ricercato è la riduzione della discrepanza, e l’esito del tentativo dipende sia dall’output che da altri effettori presenti nell’ambiente (cfr Carver & Scheier 1998).
Il meccanismo appena descritto è definito ciclo di retroazione negativa, contrapposto al ciclo di retroazione positiva, con cui il sistema opera in direzione dell’aumento della discrepanza tra valore di riferimento e input (Carver & Scheier 1981).
Un sistema opera all’interno di un’organizzazione gerarchica di sistemi interdipendenti in cui gli output di sistemi di ordine superiore costituiscono il valore di riferimento per quelli di ordine inferiore (ivi), inoltre ognuno di essi opera in interdipendenza rispetto a sistemi operanti sullo stesso livello il cui output modifica le condizioni ambientali (ivi, 58-60). Perciò la dinamica interna ad ogni ciclo si definisce in modo abbastanza complesso. Infine, possono esistere sistemi a cicli aperti, il cui output non è sottoposto al controllo delle conseguenze che produce, e sistemi privi del valore di riferimento (Carver & Scheier 1999b). Nel presente lavoro tratterò perlopiù solo di sistemi chiusi a retroazione negativa, in una prospettiva riduzionistica sulla condotta umana.
Altri elementi che influenzano il funzionamento del ciclo sono la velocità di rilevamento degli errori (controllo serrato vs controllo lento), la latenza tra l’input e i suoi effetti sull’output, l’intermittenza di un ciclo, la possibilità che un ciclo costituisca la preazione anticipatoria per quello successivo (Carver & Scheier 1998).
Gli aspetti del controllo del processo, che include il monitoraggio degli esiti e dell’andamento del processo, sono legati ad aspetti come l’attenzione al sé, l’affettività, le aspettative (vedi oltre).
Gli scopi e gli standard
Il termine scopo definisce ciò che fino ad adesso abbiamo chiamato valore di riferimento, ovvero l’entità in confronto alla quale regoliamo i nostri comportamenti alla luce delle informazioni di ritorno. È legato a doppio filo al sé, infatti questo definisce gli scopi che l’individuo si pone e questi di ritorno lo influenzano tramite gli esiti della condotta (cfr. Carver & Scheier 1998).
Specificazione ulteriore dello scopo risiede nei compiti scelti per raggiungerlo (contenuto) e nella qualità della prestazione (standard di prestazione, cfr. ivi): superare un esame di psicologia all’università (contenuto) associa anche il grado di impegno che esprimo nel farlo rispetto alla norma (standard di prestazione). Il termine standard racchiude entrambi questi aspetti e può essere considerato come la rappresentazione attiva degli scopi e delle informazioni rilevanti rispetto ad essi presenti nella memoria di lavoro (fr. Carver & Scheier 1981). Nei prossimi paragrafi mostrerò il sistema degli scopi rappresentati, la loro organizzazione e le dinamiche interne a questa.
Il sistema degli scopi è organizzato gerarchicamente
Il sistema degli scopi è un’organizzazione di questi ultimi che implica reciproche interazioni sia a livello orizzontale (equivalenza/complementarietà) che a livello verticale (dipendenza) Differenze ulteriori possono riguardare la loro portata, la distanza temporale tra essi o infine diversa astrazione (Carver & Scheier , 1998).
L’ordinamento globale è ipotizzato essere di ordine gerarchico a partire da scopi maggiormente astratti e sovraordinati a scopi maggiormente concreti e subordinati ai primi, in ordine: concetti di sistema, scopi del tipo essere (principi), scopi del tipo fare (programmi), scopi di controllo motorio (sequenze di comportamenti).
La prima classe riguarda idealizzazioni di sé, della società, della relazione di un gruppo e simili, ed influenza la classe immediatamente inferiore, quella dei principi, che contiene le qualità manifestate nel singolo atto (ad es. l’onestà, la responsabilità) per le quali gli individui dispongono generalmente di termini di uso quotidiano (le etichette applicate ai comportamenti); la classe dei programmi comprende corsi d’azione legati alla realizzazione dei principi, da cui vengono influenzati circa scelte anteriori o simultanee al corso d’azione intrapreso. Questi corsi di azione generale sono specificati al livello inferiore da sequenze di movimenti specifici (scopi di controllo motorio).
L’intero processo di perseguimento dello scopo tipicamente è implicito e automatico, con un certo grado di deliberazione nella scelta delle diverse strategie possibili a livello di programma (Carver & Scheier 1998). Pertanto il sistema degli scopi e il sistema di regolazione dell’attività in relazione agli scopi e il sé sono intimamente connessi, poichè parlare di scopi implica gli standard relativi (vedi fig.2).
Fig.2: adattato da Carver e Scheier, 1994,
Dinamiche interne alla gerarchia degli scopi
Quali sono le dinamiche interne del sistema degli scopi? Possiamo considerare in che modo questa struttura funzioni rispetto all’azione da intraprendere.
Segue da quanto detto prima circa l’influenza tra scopi (a livello orizzontale e verticale), che il processo di esecuzione di un atto in vista di uno scopo di livello elevato consiste nell’esecuzione di atti di livello inferiore relativi a scopi subordinati, secondo sequenze di attivazione a cascata (Ibidem). Come spiegare l’interdipendenza tra cicli retroattivi superiori e inferiori?
Gli autori partono dalla teoria dell’identificazione dell’azione di Vallacher e Wegner (1987) secondo la quale ogni azione può essere identificata in vari modi a seconda del livello di identità riguardante le varie modalità di esecuzione: livelli superiori presentano o motivi sottostanti o effetti ricercati con l’azione stessa, o infine implicazioni ricercate riguardanti la sua esecuzione. Le persone avrebbero una tendenza a spostarsi verso livelli di identificazione (e quindi di regolazione) elevati se sono in grado di mantenerli con successo, altrimenti in risposta alle difficoltà tenderebbero a spostarsi verso livelli inferiori di identificazione. Un esempio può essere la soluzione adottata da una persona che prova difficoltà ad andare in bicicletta, facendo uso di un supporto per mantenere l’equilibrio prima di acquisire la padronanza necessaria per farne a meno. Inoltre i vari scopi possono collocarsi a vari livelli di astrazione e gli atti possono avere significati molto diversi a seconda di quello che l’atto serve a realizzare. Inoltre uno stesso scopo può essere servito da più azioni di livello inferiore (Carver & Scheier 1998). Pertanto un’azione può essere compresa solo alla luce degli scopi da essa perseguiti (ivi).
Altri elementi
Ora considereremo gli aspetti legati alla personalità che pongono il modello in relazione allo studio del comportamento umano inteso come sistema chiuso secondo quanto detto fin ora. Il sé, le aspettative di riuscita e l’affettività sono gli elementi che ci permettono di applicare il modello alla condotta umana.
Il sé e l’attenzione rivolta ad esso
Gli autori affermano che gli studi di Cantor e Mischel (1977) sull’applicazione di schemi per la categorizzazione degli altri, e gli studi di Rogers (1977) sugli schemi concernenti il sé, avvalorino l’ipotesi che gli individui, oltre a possedere teorie implicite della personalità altrui posseggano anche teorie implicite del sé (Carver & Scheier 1981). Questa è costituita da schemi attivati dall’attenzione rivolta al sé, che emerge da eventi corporei (es. attività fisica), dall’osservazione da parte degli altri, dal contatto oculare con l’altro e infine dalla autoconsapevolezza disposizionale (la tendenza individuale a prestare attenzione su di sé) (ivi). Dal punto di vista che ci interessa ci limitiamo a considerare il legame con gli scopi: se lo scopo è saliente per l’individuo l’attenzione rivolta al sé elicita la comparazione tra lo standard e il comportamento attuale, e successivamente induce l’alterazione del comportamento perchè gli esiti vi si adeguino. Gli autori poggiano questa ipotesi sulla teoria di Duval e Wicklund (1972) secondo la quale l’attenzione ha natura bidirezionale e può essere indirizzata o sugli aspetti salienti dell’ambiente (subjective self-awareness) o sugli aspetti salienti del sé (objective self-awareness): una focalizzazione esclude l’altra e domina le risorse attentive disponibili al momento (cfr. Vallacher 1978), e la tendenza verso l’una o l’altra costituirebbe una base delle differenze individuali (Pervin 1996). L’attenzione al sé elicita un aumento dell’autoregolazione (Carver & Scheier 1982) per colmare la discrepanza rispetto allo standard (Carver & Scheier 1981).
Rispetto agli ambiti in cui il tipo di focalizzazione emergente ha un ruolo, tra gli altri segnaliamo il conformismo, l’anticipazione dell’interazione, la relazione tra atteggiamenti, norme soggettive e comportamento (1998).
Aspettative di riuscita
Con l’interruzione del ciclo dell’azione conseguenti a difficoltà nel raggiungere lo standard appaiono, in seguito all’acquisizione di informazioni rilevanti, le aspettative di riuscita (cfr. Carver & Scheier 1981). Esse si costruiscono da una base principale costituita dal locus of control individuale, l’esperienza passata riguardante situazioni simili, l’osservazione dell’esperienza altrui in compiti simili, la conoscenza della difficoltà del compito, e da determinanti minori come l’affaticamento, l’umore e altre. Le aspettative possono essere più o meno specifiche e legate alla situazione (Carver & Scheier 1998, 186-187 225 ) ed elicitano effetti sul comportamento e sulle risposte affettive (cfr. ivi).
Nel prossimo paragrafo verrà discusso di come all’interno delle dinamiche trattate fin ora emergano i processi emozionali individuali.
Affettività
Accanto al processo di monitoraggio, in parallelo agisce un secondo processo indipendente da esso definito di metamonitoraggio (Carver & Scheier , 1998), il cui input è la rapidità con cui le discrepanze vengono ridotte rispetto al valore di riferimento e che elicita la componente affettiva legata agli scopi, rispetto ai quali essa trova espressione in due modi: senso di attesa e affettività. Questa si dispone secondo l’asse positivo/negativo e rispecchia il progresso della riduzione della discrepanza in confronto allo standard previsto dal metasistema, sia nei cicli negativi (approccio a un risultato) che positivi (evitamento di un risultato). Alla luce di ciò gli stati d’animo misti sono considerati derivanti da scopi agenti in simultanea sia evitati che perseguiti (cfr. ivi).
Il metaciclo assume, accanto a uno stato neutro, un certo grado di affettività positiva o negativa corrispondenti rispettivamente ad una velocità di riduzione della discrepanza maggiore o minore rispetto al valore di riferimento del metaciclo (ivi), che dipende direttamente dallo sforzo impiegato per raggiungere lo scopo (Carver & Scheier 2012). Il suo funzionamento è in gran parte automatico, senza escludere sforzi consapevoli di regolazione dell’emozione (cfr. Baumeister & Vohs, 2011). Gli standard provengono dall’esterno, oppure sono auto-imposti o infine derivati dal confronto sociale, e possono variare nel corso del tempo e per mezzo dell’esperienza (per esempio acquisendo nuove competenze); alla gradualità o repentinità della riduzione è legata la maggiore intensità dell’emozione associata (cfr.Carver & Scheier 1990).
Gli autori rifiutano l’ipotesi che l’affetto derivi dal conseguimento degli scopi in sé, perchè essa da una parte non considera il tempo impiegato nel raggiungere gli scopi significativi (minore il tempo, maggiore l’intensità dell’affetto corrispondente) e dall’altra non considera l’esperienza vissuta nel raggiungerli (Carver & Scheier 1998).
Altre influenze elicitanti affettività non sono trattate per ammissione esplicita degli autori (Carver & Scheier 1998).
Fin qui abbiamo brevemente visto quali sono gli elementi strutturanti il modello e quelli riguardanti l’individuo, per la sua applicazione al comportamento umano inteso riduttivisticamente come una gerarchia di sistemi chiusi a ciclo retroattivo. Gli elementi strutturali (Comparatore, Standard) permettono l’innestarsi di cicli di funzionamento retroattivo che rispetto al comportamento umano implicano aspetti quali il sé e l’attenzione rivolta ad esso, le aspettative di riuscita e l’affettività emergente nel processo. Successivamente applicheremo il modello al comportamento umano considerando l’avvio del comportamento, l’autoregolazione, la persistenza e il disimpegno.
Il comportamento alla luce del modello
Una volta definite le coordinate teoriche generali del modello, si hanno a disposizione gli elementi essenziali per la sua applicazione al comportamento. Verranno trattati l’avvio del comportamento e l’autoregolazione, la persistenza e il disimpegno nei corsi d’azione.
Avvio del comportamento e autoregolazione
Sebbene alcuni autori considerino i modelli a controllo retroattivo non adeguati allo studio dell’autoregolazione del comportamento (cfr. Baumeister 2011), questi consentono di indagare ciò che di peculiare caratterizza l’elaborazione dell’esperienza guardando alla mente come a un sistema informativo e organizzato in vista del mantenimento del proprio equilibrio e al perseguimento di proprie mete per via di programmi di azione (cfr. Caprara, Gennaro 1999). Infatti, mentre l’avvio di un comportamento avviene in vista del raggiungimento o evitamento di uno scopo (Carver & Scheier 1998), le modifiche nella condotta che avvengono nel corso del tempo rispetto a un obiettivo scelto e ai corsi di azione intrapresi a riguardo connotano dinamiche più complesse, che implicano motivazione e comportamento (cfr. Hoyle 2014). Il termine autoregolazione ingloba questi processi, e può considerarsi tra i fattori essenziali che legano motivazione e cognizione all’azione (Gollwitzer 1996) e rispetto alle differenze individuali, queste sono espresse nei diversi livelli e modalità di controllo all’interno del proprio sistema di autoregolazione (Pervin 1996).
Alla luce di quanto detto fin ora questi processi riguardano i diversi cicli di autoregolazione gerarchicamente ordinati che perseguono scopi progressivamente più elevati alla luce degli scopi propri di ogni ciclo, il cui output diviene l’input del ciclo inferiore. Nel momento in cui l’avvicinamento allo scopo/standard per una causa qualsiasi viene interrotta, il ciclo si interrompe e subentra l’esame dell’ambiente mirante alla costruzione di un ‘aspettativa positiva o negativa circa la possibilità di raggiungerlo e se abbastanza positiva il ciclo riprende, affiancato da un’emozione direttamente legata all’aspettativa di riuscita che elicita uno sforzo superiore legato alla sicurezza nell’esecuzione del compito. Il gradiente emotivo è determinato dalla velocità dei progressi dell’individuo nel raggiungere il più possibile lo standard di riferimento: maggiore è la velocità, più intensa sarà l’emozione positiva o negativa, rispettivamente in avvicinamento allo standard o in allontanamento da esso. Questo sistema di valutazione dei progressi che avviene al livello di metaciclo, avviene in parallelo al loro monitoraggio nel ciclo di retroazione (cfr. Carver & Scheier , 1998).
Applichiamolo al comportamento. Riprendiamo l’esempio della persona che vuole andare in bici e consideriamo solo un grado di profondità minimo rispetto a quanto ipotizzabile. Lo scopo primario del soggetto è guidare la bici in maniera soddisfacente (Scopo 3) direttamente dipendente dalla capacità di mantenere l’equilibrio in sella (Scopo 2), direttamente dipendente dalla capacità dell’individuo di pedalare con costanza e forza adeguata (Scopo 1). Al momento dell’avvio del tentativo relativo allo Scopo 1, in caso di caduta si ha l’emersione di un certo grado di emotività negativa in relazione all’insuccesso e ad altri fattori. Se l’individuo si sente in grado di farcela persevera , e i sistemi relativi allo scopo 2 e 3 modificheranno l’output emesso raffinando la componente loro propria, ovvero “comunicano” al sistema 1, ad esempio, un valore di riferimento per la pedalata più alto in modo tale da mantenere un equilibrio soddisfacente. Al secondo tentativo l’individuo rimane un tempo maggiore in sella ma dopo un po’ cade di nuovo. Ora la consapevolezza (ritorno dell’attenzione su di sé e deduzione di aspettative) di aver fatto progressi in direzione del successo (aspettativa positiva) elicitano emozioni positive (“ce la sto facendo”) lo spingono a ritentare in virtù di una maggiore padronanza dell’azione (sicurezza nel compito): i sistemi 2 e 3 raffineranno gli output (ovvero: aumenteranno i propri valori di riferimento) per adeguarsi ai progressi: l’individuo ritenta.
Persistenza e disimpegno in un compito
Il caso di cui sopra è un esempio di comportamento perseverante che, con il disimpegno, è oggetto del prossimo paragrafo.
Quanto detto circa le aspettative spiega la persistenza in uno specifico corso di azione alla luce della valutazione positiva dei risultati attesi: «Se […] sufficientemente positive, la persona torna a perseguire attivamente il suo scopo. Se […] sufficientemente negative, il risultato è un impulso a rinunciare a ulteriori tentativi e magari a rinunciare del tutto allo scopo»(Carver & Scheier 1998).Entrambi i casi rientrano nella funzione adattiva dell’autoregolazione (cfr. ivi).
Abbiamo visto inoltre che le aspettative si presentano assieme a un certo grado di focalizzazione sul sé, e sono legate sia a fattori di natura situazionale che al senso di sicurezza individuale nel compito. Il sé assieme alla componente della sicurezza nel compito ha un ruolo centrale rispetto alla perseveranza, infatti in presenza di aspettative sfavorevoli aumenta la tendenza a disimpegnarsi dallo scopo, ma in presenza di aspettative favorevoli e associato a un’ alta sicurezza nel compito promuove la persistenza (cfr. ivi), pertanto si può dire che la sicurezza circa l’esecuzione del compito è centrale nel processo retroattivo alla base dell’impegno.
Passando al disimpegno, esso può manifestarsi come modi di cessazione del perseguimento dello scopo oppure con forme alternative di disimpegno mentale: pensieri digressivi, sogni a occhi aperti, ruminazione (episodi successivi di tentativi frustrati), con effetti possibili sia utili (ad esempio il contenimento dell’ansia) che problematici (per esempio il deterioramento della prestazione) (ivi).
Tra i diversi modi di smettere di perseguire uno scopo gli autori indicano: il ridimensionamento degli scopi in presenza di aspettative di successo deboli che lascia aperta la strada verso scopi di livello superiore, la connessione tra scopi e situazioni problematiche; l’impossibilità di rinunciare a uno scopo interdipendente, il cui esempio può essere la presenza di una minaccia per la salute all’interno di un corso d’azione perseguito (cfr. Carver & Scheier 1998). Precisiamo che il disimpegno per gli autori non avviene definitivamente: gli scopi sono in qualche modo permanenti e mai effettivamente abbandonati, ed esercitanti la loro influenza in tempi successivi (cfr. ivi).
In questo capitolo abbiamo visto come il modello degli autori si adatti al comportamento umano considerando il comportamento umano alla luce del concetto di autoregolazione rispetto al compito e, in presenza di difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi, le possibilità della perseveranza nel raggiungimento dell’obiettivo oppure del disimpegno rispetto a questo, considerando il ruolo della focalizzazione sul sé, delle aspettative di riuscita e infine dell’affettività che scaturisce dal processo.
Ricerca sulle disfunzioni del processo autoregolatorio e sviluppi succesSivi
Quanto detto precedentemente riguarda l’applicazione del modello al comportamento normale, che gli autori estendono alle diverse manifestazioni di esso come i comportamenti automatici (cfr. Bargh 1997), i fenomeni di facilitazione sociale, l’influenza delle aspettative di successo/insuccesso precodificate, l’ansia legata al compito, l’ansia sociale (cfr. 257). La sua applicazione a comportamenti disfunzionali sarà oggetto del primo paragrafo, infine ne verranno considerati in breve gli sviluppi successivi.
Disfunzioni nel processo autoregolatorio
Gli autori presentano alcuni tipi di disregolazione: disregolazione riguardante il ciclo regolativo; l’influenza di scopi che agiscono al di fuori della consapevolezza personale; l’influenza del senso di sicurezza/incertezza sull’impegno nel conseguire gli scopi e le conseguenze connesse; possibili interferenze tra sé e scopi (cfr. ivi). Vediamoli brevemente:
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Processi di disregolazione che riguardano il ciclo retroattivo : tra questi annoveriamo il ricorso a feedback interpretati erroneamente, come ad esempio la sistematica errata interpretazione delle informazioni di ritorno fornite dal nostro interlocutore nei diversi canali di comunicazione, e l’uso di informazioni pertinenti ma interpretate automaticamente con la funzione principale di confermare le proprie aspettative;
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Scopi che agiscono al di fuori della consapevolezza personale: la seconda categoria annovera gli scopi agenti sulle azioni al di fuori della consapevolezza della persona (cfr. Bargh 1997), per esempio la ripercussione dei modelli di attaccamento costituitisi nell’infanzia sul comportamento adulto;
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Senso di sicurezza/incertezza riguardo il conseguimento degli scopi: le problematiche inerenti al senso di sicurezza e incertezza circa gli scopi da raggiungere riguardano l’uso automatico di aspettative precodificate, basate sulla simulazione mentale e sul confronto sociale, e fanno uso di informazione derivata dall’esperienza passata. Aspettative procodificate ecccessivamente positive o negative possono portare da una parte a disimpegno prematuro , interferenze sulla prestazione con pensieri intrusivi connotati da autobiasimo, ruminazione, dall’altra un ottimismo ostinato e irrealistico. Queste eventualità secondo gli autori, possono essere prevenute cercando informazioni pertinenti alla situazione reale e considerare le proprie aspettative alla luce di queste . Dinamiche simili accadono nei fenomeni nell’ansia da esame e ansia sociale (Carver & Scheier 2008). Interessa notare come la ruminazione possa essere considerata una forma di problem solving e riduzione delle discrepanze legata alla necessità di ridefinizione delle priorità, sebbene, quando sia indesiderata , renda emotivamente vulnerabili (cfr. ivi);
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Interferenze tra il sè e gli scopi: come affermato in precedenza, sussiste una relazione tra scopi, valori e principi di cui si compone il sé. Scopi di per se stessi poco profondi, ma legati a idee centrali di sé o valori molto radicati diventano scopi per i quali il disimpegno diventa molto difficile e in alcuni casi impossibile (ivi). Il legame tra il sé e gli scopi può correlarsi a disregolazione in presenza di conflitto tra scopi, assenza di collegamento tra livelli inferiori e superiori, oppure come una difficoltà di riorganizzazione del sé alla luce degli scopi e valori di riferimento perchè dolorosa, difficile e incerta negli esiti di adattamento a lungo termine (Carver & Scheier 1998);
Altre due fonti di disregolazione sono trattate a parte poiché entrambe connotano un abdicazione di livelli superiori di funzionamento a beneficio di quelli inferiori: sono i casi del diretto abbandono dei livelli superiori di funzionamento e della mancanza di consapevolezza di questi. Li vediamo in breve:
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Abbandono del controllo superiore e assunzione del controllo da parte dei livelli inferiori: questa eventualità si pone in presenza di diverse istanze: volontà di fuggire da sé , deindividuazione, come parte di una strategia di risoluzione dei problemi, o infine come esito della difficoltà implicità nel mantenersi costantemente a livelli elevati di funzionamento (ivi);
L’utilizzo strategico di alcolici per evitare di considerare situazioni spiacevoli della propria vita è un esempio di fuga da Sé. Questa forma di disimpegno mentale non ha sempre successo e può portare a un immersione nell’esperienza a livelli inferiori, con lo scopo di ridurre, il senso di fallimento connesso (insuccesso autoregolatorio). In casi più lievi porta all’interruzione del monitoraggio di valori e intenzioni, ed è correlata a disorganizzazione, impulsività e discontinuità del comportamento. Situazione simile si ha nel caso della deindividuazione (cfr. ivi).
Rispetto a quanto detto diversa è la situzione in cui il controllo viene delegato a livelli inferiori come forma di fronteggiamento in funzione adattiva. Gli autori descrivono questa eventualità come il modo per superare un momento di difficoltà nell’esecuzione di un’azione desiderata (ivi), che permette in futuro il ritorno a un livello superioredi funzionamento. Pertanto anziché disimpegno più corretto sarebbe parlare di adattamento.
Infine menzioniamo il caso del mantenimento per tempi eccessivi un controllo di alto livello. Nel caso di scopi connessi a standard elevati la persona tende a investire maggiore sforzo per adeguarvisi , portando a dispendio di risorse e alla maggiore possibilità di sperimentare sofferenza in presenza di difficoltà a raggiungerli. In questo caso converrebbe applicare strategie di risoluzione dei problemi centrati su livelli inferiori, in funzione adattiva (cfr. ivi).
Sviluppi successivi
La teoria in sviluppi successivi esplora i nessi e le analogie con la teoria dei sistemi dinamici detta anche teoria del caos (ad es. Nowak e Vallacher 1998) e la teoria delle catastrofi (ad es. Saunders 1980). La prima considera il funzionamento dei sistemi complessi alla luce di alcune caratteristiche fondamentali proprie dei sistemi dinamici tra cui l’ignoranza circa la totalità dei fattori che in ogni momento agiscono sul sistema e la non linearità e interdipendenza delle relazioni tra variabili interne ed esterne, e la dipendenza degli esiti dalle condizioni iniziali del sistema che porta a una bassa correlazione tra percorsi successivi intrapresi da esso (Carver & Scheier 1998). Vengono nel corso della trattazione introdotti altri concetti (effetto soglia, tetto, attrattore, spazio di fase etc.), che insieme ai primi, secondo gli autori, sono già presenti e studiati in psicologia, come per esempio l’effetto soglia nell’ambito della percezione, il concetto di attrattore come metafora degli scopi e le dinamiche motivazionali che nascono nell’interazione tra diversi attrattori (ivi). La coscienza e il comportamento si definiscono in questa prospettiva in modi che non obbligano a ricercare spiegazioni lineari circa gli antecedenti della condotta, bensì nei termini di comportamento come movimenti (cambiamento di traiettoria) all’interno dello spazio di fase intorno a diversi attrattori (scopi), soggetto a variazioni nel tempo e secondo diverso grado di automaticità dipendente dalle risorse attentitive necessarie ad attuare il comportamento (cfr. Carver & Scheier 1998) quindi secondo un punto di vista non lineare. Circa la coscienza, essa entrerebbe in azione in presenza di difficoltà nell’esecuzione del compito e quindi in relazione all’automaticità nell’esecuzione del compito. La teoria delle catastrofi, che viene presentata successivamente invece è un modello topologico che si concentra sulla creazione di discontinuità e biforcazioni (ivi), che fornisce supporto alle novità presentate.
Ciò che interessa a questo punto non è tanto addentrarci nelle diverse teorie, quanto l’applicazione che gli autori suggeriscono di queste idee al comportamento. Gli esempi portati spaziano tra gli altri, nel campo della percezione, delle relazioni sentimentali, del contesto delle relazioni intergruppo, delle relazioni diadiche in generale, della persuasione, della ruminazione (ivi). Per quanto riguarda la psicoterapia, possiamo considerare alla luce di tali sviluppi, come suo scopo principale il «portare la persona un minimum più vicino all’ottimale – a un nuovo attrattore […]in cui il problema trovi una soluzione migliore» (ivi), in altre parole a una destabilizzazione del sistema su cui sia possibile innescare una riorganizzazione. Tale destabilizzazione avviene per mezzo dell’investimento emotivo nel loro perseguimento così da rendere manifesto l’errore che portano con sé (insuccessi di adattamento ed errore nella predizione dei risultati delle transazioni) rispetto a un migliore adattamento possibile, per mezzo della psicoterapia stessa, che così promuove il potenziale di cambiamento. Le stesse dinamiche, sono applicabili alla crescita psicologica (cfr. ivi).
In questa parte abbiamo mostrato in che modo la teoria consideri alcune condotte disfunzionali legate alla ricerca degli obiettivi o ad un’autoregolazione inefficace, abbiamo inoltre visto come gli autori abbiano integrato nel proprio modello gli apporti successivi della ricerca teorica in psicologia sociale focalizzandoci sulla teoria dei sistemi dinamici.
CONCLUSIONE
In questa breve esposizione della teoria del controllo abbiamo considerato l’agire umano dal punto di vista dell’autoregolazione, intesa nei termini di processi che inglobano l’informazione riguardo al sé e gli scopi che l’individuo persegue disposti su diversi livelli di astrazione, interdipendenti e incapsulati gli uni negli altri. Questi forniscono sia gli scopi/standard delle condotte, sia le informazioni a partire da cui gli esiti delle condotte vengono valutate. Se lo scopo viene conseguito il ciclo autoregolatorio si interrompe, emergono le aspettative e l’esperienza affettiva rispetto al risultato ricercato (avvicinamento o fuga da un esito), che assieme alla padronanza percepita rispetto al compito sotteso al suo raggiungimento, determina se l’individuo persisterà nell’impegno o si disimpegnerà totalmente o parzialmente, in quest’ultimo caso prefiggendosi mete di livello inferiore o in chiave adattiva o abbandonandole. La prospettiva degli autori sugli ambiti dell’agire umano (individuale e relazionale), si è evoluta nel corso del tempo per indagare adeguatamente le condotte finalizzate funzionali e non, considerando anche aspetti propri della teoria dei sistemi e delle catastrofi.
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1 Da ora in poi si farà riferimento all’edizione italiana tradotta
2 Per un’idea di tali approcci nell’ambito della ricerca sulla personalità, che considerano la personalità in prospettiva transattiva, si può consultare Franta 1982, 83 e sgg.
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