La Grafologia Morettiana come supporto allo psicologo

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Il presente articolo vuole dare una panoramica generale della grafologia. Più nello specifico, della grafologia italiana e di quello che è il metodo morettiano. Questo, per mostrare come la grafologia può essere un valido strumento in aiuto al lavoro dello psicologo.

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La grafologia studia i complessi e nascosti messaggi presenti nel tracciato grafico. Moretti, fondatore della grafologia italiana, la definisce: “Scienza sperimentale che dal solo gesto grafico d’uno scritto umano rileva le tendenze sortite da natura” (Moretti, 1995).

La scrittura essendo movimento, costituisce un aspetto fondamentale dell’attività espressiva dell’uomo, impegnando non soltanto la mano e le dita, ma la partecipazione di tutta la persona, la quale ne inserisce le proprie energie, sia consce che inconsce. Tra queste forze che conducono al gesto grafico, troviamo l’intelligenza che formula il pensiero, la volontà della decisione per l’atto esecutivo, il sistema neuromuscolare e l’individualizzazione del segno grafico.

La scrittura è l’oggetto di studio della grafologia; la scrittura è “il prodotto” finale di una intensa e complessa attività. Ogni scrittura è unica e irripetibile, perché unica e irripetibile è la personalità che la produce. La grafologia è la disciplina che studia le caratteristiche e le dinamiche di personalità di un individuo attraverso l’interpretazione della sua scrittura, o meglio del suo gesto grafico.

La Grafologia

È solo nel XVII secolo che si inizia a scrivere espressamente riguardo questo argomento e come primo lavoro in assoluto viene considerato lo scritto di Camillo Baldi (1547-1634), docente dell’Università di Bologna, intitolato Trattato come da una lettera missiva si conoscono la natura e la qualità dello scrivente

Il primo studio sistematico venne fatto un secolo più tardi dal teologo svizzero Johann Kasper Lavater (1741-1801), il quale fu il primo a proporre delle leggi per l’interpretazione della scrittura.

In Francia il pensiero di Lavater fu commentato dal medico francese Sarthe (1771-1826), che tradusse in francese la sua opera dando inizio al filone della grafologia Francese.

Da qui in poi lo studio grafologico inizia ad assumere un rigore scientifico andando a diffondersi principalmente in due luoghi: Francia e Italia, creando due grandi filoni di studio grafologico che in più punti della loro storia vanno a distanziarsi e a riavvicinarsi creando le basi di quelli che sono considerati ai giorni nostri, gli studi grafologici per eccellenza (Torbidoni, Zanin, 2006).

In Italia, dopo Camillo Baldi, nulla di particolarmente importante è stato scritto riguardo la grafologia, fino agli inizi del 1900 quando lo psichiatra C. Lombroso, prese in considerazione gli studi grafologici per analizzare i riflessi nella scrittura, delle anomalie psichiche di criminali e alienati.

Veri e propri studi grafologici e un metodo del tutto originale, si hanno con Girolamo Moretti (1879-1963), il quale non solo si dimostra all’altezza dei più grandi maestri francesi della grafologia, ma che, con i suoi studi, porta un contributo risolutivo alla scientificità di questa materia.

Altri studi grafologici in Italia furono eseguiti da M. Marchesan il quale fondò a Milano, l’Istituto di Psicologia della scrittura. Aiutato dal figlio Rolando, il Marchesan prese in considerazione quanto in generale era stato fatto riguardo la grafologia, sia in Francia che in Italia, e stipulò un metodo personale che egli stesso ritenne risolutivo; arrivò ad affermare che la psicologia della scrittura era molto diversa rispetto alla grafologia. Tesi che risultò molto discutibile poiché fino ad allora tutti avevano sempre inteso la grafologia come lo studio psicologico della scrittura, tanto che i due termini venivano utilizzati spesso come sinonimi. Inoltre, come successivamente venne dimostrato, il pensiero del Marchesan appare come un rifacimento meglio organizzato del pensiero di Moretti, e quindi non di un vero e proprio superamento come egli stesso propagandava. Tuttavia ebbe il pregio di far diffondere il pensiero grafologico all’interno di altre branche di studio, come la filosofia, la psicologia e la medicina. (Torbidoni, Zanin, 2006).

Simbologia della scrittura

Il filosofo svizzero Max Pulver è stato il primo ad intuire che nello spazio grafico ci sono dei simboli che fanno da mediatori tra il soggetto che scrive e i vari archetipi junghiani. Scrivendo, l’individuo si muove all’interno del foglio bianco nelle varie direzioni e in maniera del tutto inconscia, subisce delle sollecitazioni simboliche da parte dei lati del foglio, che assumono così il valore di vettori: forze che hanno una direzione e un punto di applicazione (la psiche di chi scrive) con il potere di modificarne emotivamente lo stato e il comportamento.

Questi simboli sono (Palaferri, 2011):

  • Sinistra: archetipo madre e origine.

  • Destra: archetipo padre e futuro.

  • Alto: archetipo luce, spirito.

  • Basso: inconscio, istinto.

Per Moretti la lettera è il segno dell’Io. Lo scrivente mentre traccia la singola lettera, in maniera del tutto inconscia vi imprime tutto se stesso.

Le lettere all’interno dello scritto vengono così divise in tre zone: zona media, zona superiore e zona inferiore. Queste tre zone assumono una loro valenza simbolica, nel preciso momento in cui il soggetto inizia a scrivere.

  1. La zona media rappresenta il rapporto con la realtà; atteggiamenti di introversione e di estroversione, l’energia vitale, l’affettività, la socialità. È rivelatrice anche del tipo di meccanismo di controllo e vigilanza del soggetto, e il potere che esercita su di essi.

  2. La zona superiore che si estende dal vertice superiore della zona media, verso l’alto, è il luogo di espansione dello spirito, dell’immaginazione, del sogno, del pensiero astratto.

  3. La zona inferiore, che va dal rigo di base, ad espandersi verso il basso, è la zona degli istinti primari. È il punto di contatto dell’inconscio con la realtà.

L’insieme delle lettere va a formare la parola.

Nella parola lo scrivente passa da se stesso al tu, fino ad un contesto sociale allargato.

Il tratto iniziale esprime il modo che egli ha di rapportarsi con l’ambiente; il tratto finale, indica il modo in cui la persona dirige se stesso nella vita reale.

L’insieme delle parole va a formare una riga dello scritto. Questa è rivelatrice del modo in cui la coscienza e la volontà del soggetto, si orientano nello spazio dell’esistenza.

Infine da non sottovalutare è il non scritto: tutto ciò che all’interno del foglio, tra lettere, parole, o righe, è rimasto bianco.

Ciò che il soggetto lascia in bianco, è per la grafologia, anch’esso spazio, che assume significati positivi o negativi, a seconda del contesto del grafismo e della scrittura stessa.

Lo scritto diventa inoltre l’indice proiettivo del livello di creatività del soggetto. Mano a mano che si impara a scrivere, si passa ad un livello di automatismo grafico sempre più alto, per cui lo scrivente trasforma e personalizza i tratti, proiettando l’immagine di tutto se stesso. Vengono così messe in evidenza caratteristiche della personalità: il ritmo vitale o la monotonia, l’espansione o la retrazione, l’armonia o il disordine, la ricchezza emotiva, il senso estetico. Tutto questo viene identificato da Moretti con il nome di personalità grafica (Palaferri, 2011).

La personalità, essendo propria del soggetto ed inimitabile, è altamente individualizzata sia psichicamente che somaticamente. Il soggetto costruisce una sua personalità in base a come recepisce gli stimoli, li struttura mentalmente, li associa ad altre esperienze e dona loro significato. La personalità quindi, essendo integrazione di fenomeni che si manifestano nell’individuo e nel suo modo di rapportarsi con l’ambiente esterno, risulta essere una configurazione globale della persona.

Presa in riferimento alla scrittura, la personalità si definisce come realtà psicosomatica dinamica, riscontrabile nello scritto del soggetto preso in considerazione. È una realtà complessa, per la moltitudine dei suoi aspetti che si manifestano nei vari segni grafologici; allo stesso tempo è una realtà individualizzata perché singolare ed inimitabile, come unica ed inimitabile è la scrittura. (Muscinelli, 2012).

La personalità si offre all’osservazione del grafologo attraverso i segni grafologici, ciascuno dei quali rappresenta una sintesi dinamica dell’individuo, in cui confluiscono tutti gli aspetti psicosomatici che hanno a fondamento il dinamismo di una duplice coppia di costituenti opposti di origine costituzionale e di natura temperamentale, nella quale sono comprese tutte le disposizioni individuali.” (Muscinelli, 2012).

Il metodo morettiano

Nella figura del frate francescano Girolamo Moretti (1879-1963), viene riconosciuto il fondatore della grafologia italiana, poiché creò un vero e proprio metodo grafologico che si distingue da tutti gli altri, per la sua singolarità e la grandezza delle intuizioni, unito ad una profonda conoscenza dell’uomo e della sua individualità. (Muscinelli, 2012, XXIII-XXIV).

Lo studio grafologico di Moretti è del tutto autonomo e originale. Egli stesso, nei primi anni del suo interesse, ignorava che esistessero studi riguardo l’interpretazione della scrittura. Nella sua ingenuità pensava che tutti avessero come lui la dote di vedere nella scrittura le caratteristiche della persona scrivente, la sua individualità, il suo essere (Palaferri, 2010).

Moretti aveva una vera e propria passione nell’approfondire tutto ciò di cui veniva a conoscenza. Questa sua voglia, unita alla grande dedizione nei confronti della ricerca, lo portano a formulare ampi sistemi di teoria.

La sua indagine parte in un senso totalmente opposto a tutti gli altri studi grafologici precedentemente fatti: dall’osservazione delle strutture portanti e dei comportamenti dell’uomo, arriva fino alla sua espressione grafica.

Quindi non più come in precedenza avevano fatto i francesi e i tedeschi, i quali erano partiti dagli elementi grafici per arrivare alla personalità dell’individuo scrivente.

Così elaborato, come egli stesso dice “a misura d’uomo”, il suo metodo si articola attraverso un’originale semiologia che va a comprendere tutti i piani della personalità: psicologico, mentale, comportamentale, fino ad arrivare al somatico. Moretti punta tutto il suo lavoro sull’individualità propria di ogni singolo individuo. Ed è proprio da questa conoscenza che nasce la misurazione in decimi dei singoli segni grafologici. Quella misurazione che porta una sfumatura scientifica al suo metodo e che gli permette di arrivare a quantificare il carattere, l’egoismo-altruismo e perfino gli istinti dell’essere umano. (Palaferri, 2010).

Quando si parla di metodo, si parla di metodologia. La metodologia è lo studio dei fondamenti teorici alla base di una determinata disciplina, e delle tecniche attraverso le quali si applicano questi fondamenti.

Attraverso la metodologia, si determinano i criteri, con i quali si procede, in modo del tutto oggettivo, alla corretta applicazione delle conoscenze che riguardano la materia di studio

Il risultato di questa dottrina è il metodo, un modo di procedere sistematico e funzionale verso un’attività di tipo teorico o pratico, in relazione al fine delineato dall’attività stessa (Bravo, 2003, 17).

Il metodo morettiano prende in considerazione un insieme di 83 segni di base, semplici o complessi, a cui corrispondono altrettante proprietà psicologiche.

Queste si esprimono tendenze innate che si sviluppano a partire da una base costituzionale, in cui la dotazione energetica spinge verso due coppie temperamentali antitetiche: assalto-attesa e cessione-resistenza. (Muscinelli, 2012, XXX).

I segni del metodo morettiano vengono divisi in tre categorie: Sostanziali, Modificanti e Accidentali a seconda dell’incidenza che hanno nel definire la personalità di colui che scrive (Palaferri, 2011).

  • I segni Sostanziali si rifanno alle strutture portanti della personalità e sono quei segni che fanno da impronta al temperamento, all’intelligenza e al carattere.

  • I segni Modificanti sono più deboli dei Sostanziali, ma esercitano un’azione modificante su di essi, accentuandone o indebolendone la forza.

  • I segni Accidentali denotano solo alcune modalità espressive dell’essere e del sentire.

Successivamente per un’esigenza di tipo pratico, si è arrivati a stabilire delle categorie segniche, od orientative: dei grandi insiemi di riferimento che raggruppano i vari segni in base alle loro caratteristiche e a ciò che hanno in comune.

Queste sono: Pressione, Curva-Angolosa, Calibro, Inclinazione, Direzione del rigo, Larghezze, Continuità grafica, Ritmo, Armonia, Estetica, Profilo letterale, Gesti fuggitivi. (Muscinelli, 2012, XXXI).

I segni vanno tutti quantificati attraverso una valutazione in decimi. Tale qualifica, che potrà essere positiva o negativa, va attribuita non solo in base al segno, ma anche al contesto grafico in cui questo si colloca. Inoltre a stabilire se tale contesto sia positivo o negativo, sono i segni dominanti, ossia quei segni sostanziali il cui grado sopra la media svetta sopra tutti gli altri.

Dal momento in cui il segno o i segni dominanti, sono positivi, allora anche i segni subordinati tenderanno ad assumere qualifiche positive. Viceversa se i dominanti saranno negativi (Palaferri, 2011).

Nella grafologia morettiana, la quantificazione in gradi del segno va da 1/10 che sarebbe il minimo, a 10/10, il massimo. Per il grado medio si intende una misurazione di 5-6/10. (Palaferri, 2010).

Questo sistema di misurazione, prevede dei criteri di valutazione differenti a seconda della natura dei segni grafologici. I criteri di misurazione devono essere sì rigorosi, ma non meccanicistici in modo assoluto.

La proprietà psicologica corrispondente ad un determinato segno, è infatti, per natura, un dato che non sottostà a qualcosa di puramente matematico.

Per questo, a volte si può ricorrere ad indicazioni meno dettagliate, come definire il grado di un segno attraverso termini come: di grado sopra media, sotto media, grado elevato, grado basso. (Muscinelli, 2012, XXXI).

Moretti pone alla base della sua grafologia, otto principi:

  1. Il segno grafologico racchiude tutti gli aspetti della personalità dello scrivente, compresi quelli somatici. (Palaferri, 2011).

  2. Il grado dei segni grafologici viene misurato in decimi, ma non bisogna valutarlo in un modo prettamente matematico, poiché nella sua applicazione è importante che si adatti più alla psicologia che alla matematica. La misurazione in gradi del segno, va lungo una linea crescente che parte dal grado 1 per arrivare al grado 10. (Moretti, 1995).

  3. Anche se bisogna sempre tenere conto della differenza psicologica tra i sessi, il valore dei segni rimane invariato sia se lo scritto è di un uomo sia se è di una donna. (Palaferri, 2011).

  4. Nel trarre le caratteristiche della personalità di un individuo, tramite l’applicazione dei segni grafologici, è importante tener conto di quei segni che sono accompagnatori, che posso essere favorevoli, contrari o indifferenti. (Moretti, 1995).

  5. La natura di un determinato segno è una sola, ma all’interno del contesto dello scritto, assume molteplici significati a seconda dei segni con cui si combina. (Palaferri, 2011).

  6. I segni dominanti rivelano l’impronta basale della personalità. Quindi l’assenza di segni dominanti sopra la media indica “la piattezza” della personalità. Di conseguenza, quanto più lo scritto è ricco di segni, tanto più è versatile la personalità dell’individuo scrivente. (Palaferri, 2011).

  7. Affinché una scrittura sia esaminabile, è fondamentale che sia spontanea. Per spontanea si intende non minuziosamente controllata. L’individuo deve scrivere in modo libero e naturale, come se a leggere il suo scritto, poi debba essere solo lui stesso. (Moretti, 1995).

  8. Moretti ha sempre sostenuto che la scrittura riveli solo le tendenze innate della persona. Con gli studi successivi si però accertato, che essa rivela anche l’acquisito e la storia dello scrivente. (Palaferri, 2011).

L’analisi grafologica

L’analisi grafologica è legata al principio epistemologico secondo cui per avere serietà scientifica, un filone, oltre alle ipotesi di base e ai criteri di protocollarità, deve consentire la ripetibilità o verifica di quanto viene asserito. Perché questo sia possibile, è indispensabile l’esistenza e l’uso di un ben preciso metodo di procedimento (Palaferri, 2010, 313).

Affinché una scrittura possa essere analizzata, deve sottostare ad alcune condizioni (Moretti, 1995, 611-613):

  • Sia spontanea e distesa in modo non studiato; come se si dovesse scrivere ad un familiare o ad un caro amico.

  • Non sia falsificata.

  • Lo scrivente sia a suo agio nello scrivere; sia la mano che il braccio devono quindi essere in una posizione comoda, che garantisca una stesura spontanea e naturale sulla carta.

  • Si espliciti il sesso dello scrivente, poiché la grafologia ancora non è in grado di dedurre con certezza se la scrittura è di un uomo o di una donna.

  • Non è rilevante ai fini dell’analisi grafologica, se lo scritto sia copiato oppure frutto del proprio pensiero, poiché la grafologia non si occupa del testo, ma della pura forma grafica.

Il procedimento di analisi che si applica una scrittura grafologabile, viene diviso in varie fasi che gradualmente si sviluppano indirizzando il grafologo verso un lavoro completo

Nel metodo morettiano, il lavoro di analisi del grafologo è suddiviso in cinque fasi (Palaferri, 2011).

  1. Per prima cosa, dopo uno sguardo generale alla grafia per notare tutto ciò che salta all’occhio, si vanno a ricercare tutti i segni presenti nella scrittura, facendo bene attenzione a distinguerli secondo il loro valore di sostanziali, modificanti o accidentali. In seguito si deve procedere alla quantificazione di questi, che non deve essere prettamente matematica, ma seguire l’andamento degli altri segni presenti.

  2. Si cerca il segno dominante, quel segno sostanziale di grado maggiore a tutti gli altri presenti. È infatti questo segno che darà l’impronta a tutta la personalità dello scrivente, e che influenzerà il significato e l’andamento di tutti gli altri segni.

  3. Si passa ad analizzare la natura psicologica di ogni segno presente nello scritto. In base a questa natura, avranno un’azione di rinforzo, o di opposizione nei confronti della natura psicologica del segno dominante.

  4. Ad ogni segno va attribuita la sua indicazione psicologica tenendo conto dell’influenza di tutti gli altri segni.

  5. A questo punto si compone una sintesi strutturale ed espressiva della personalità dello scrivente. Questa sintesi può fondarsi o più sulla psicologia della persona o più sul suo carattere. Moretti per esempio, amava fondare le sue analisi sulla definizione dei tratti del carattere della persona.

Si potrebbe però accusare il grafologo di essere influenzato, durante l’analisi, dalle sue impressioni, dal suo grado di empatia, dal suo soggettivo.

Un grafologo che si fa influenzare da tutto questo, non può essere considerato tale, perché mancherebbe di una seria preparazione e soprattutto di professionalità.

La grafologia ha leggi e una semiologia talmente scrupolose e precise, che per il grafologo è quasi impossibile interpretare ciò che ha davanti; deve solo applicare.

Per questo vi è la necessità di un rigoroso metodo di procedimento per l’analisi; solo in questo modo infatti, il grafologo può evitare di cadere nell’errore e nella soggettività.

(Palaferri, 2011, 46-47).

I campi di applicazione della grafologia

L’analisi grafologica, oltre ad essere utilizzata come supporto alla persona per conoscersi e per scoprirsi, amplia le sue ricerche e il suo utilizzo in diversi ambiti.

Sono quattro le branche specifiche o i campi di applicazione della grafologia, (Montanari, 2007, 16-22):

  1. La grafologia professionale: sempre più la grafologia si è fatta spazio nel campo dell’orientamento e del reclutamento professionale. La selezione di personale adeguato ai fini del lavoro che viene richiesto, è un problema molto importante per le aziende, che trovano nella figura del grafologo un ottimo sostegno per ottimizzare al meglio la scelta di personale adeguato. Compito della grafologia professionale è, per così dire, quello di favorire l’incontro tra la personalità dello scrivente e la professione che andrà a fare.

  2. La grafologia familiare: dalla compatibilità di coppia, al lavoro sul dinamismo della famiglia, la grafologia risulta essere un ottimo strumento di lavoro. Analizzando la scrittura di una coppia, il grafologo può prevedere determinati comportamenti, ponendo i due soggetti di fronte a ciò che sono per la loro individualità, mostrando loro i mezzi per il relazionarsi di ogni giorno.

  3. La grafologia peritale: questo ramo di studio della grafologia non si limita ad evidenziare la personalità di colui che scrive ma, nel ricercare le caratteristiche grafiche, le confronta con altre scritture dello stesso soggetto, così da rendere le osservazioni, dei veri e propri dati di carattere scientifico. facendo così, il grafologo può evidenziare tratti di imitazione o dissimulazione, poiché qualsiasi dissimulazione lascia una traccia nella grafia, del gesto o delle energie di colui che scrive.

  4. La grafologia dell’età evolutiva: in questo particolare ambito le regole della grafologia costituiscono la base per lo studio della grafia nell’età evolutiva, ma non tutte le regole sono applicabili. Per l’esame della scrittura in età evolutiva, il grafologo deve conoscere anche quei particolari elementi grafici che corrispondono alle varie fasi di sviluppo, non solo fisico e psicologico, ma anche grafomotorio. La grafologia dell’età evolutiva è utilissima per scoprire l’emergere delle problematiche nei bambini e nei ragazzi, per accompagnarli nel loro sviluppo e nella loro interazione tra sviluppo caratteriale, emotivo, con l’ambiente esterno e successivamente, come mezzo per l’orientamento scolastico.

Moretti nei suoi studi sostiene come la psicologia abbia il suo sviluppo completo per mezzo della grafologia.

La grafologia può essere definita la sorella della psicologia. Da sola, sarebbe incompleta e troppo materiale. Ma questo rapporto non può e non deve essere unidirezionale. Anche la psicologia infatti, da sola non può arrivare a quelle conclusioni che può invece rendere chiare e approfondite, se si serve dello studio della scrittura. (Moretti, 1995, 17).

La vera grafologia deve lavorare a fianco della psicologia, senza cercare nel suo metodo e nel suo studio, una superiorità di qualsiasi sorta.

Tuttavia si possono comunque elencare dei vantaggi che la grafologia può vantare di avere dalla sua parte (Palaferri, 2011, 45):

  1. La visione globale e profonda della personalità dell’individuo analizzato;

  2. L’immediatezza con cui è possibile venire a conoscenza degli aspetti clinici dello scrivente che siano questi equilibri o squilibri sia di tipo psichico, che caratteriologico che fisico;

  3. La stabilità nel tempo dell’oggetto da esaminare. Uno scritto nel tempo non può subire modificazioni, tanto che un vantaggio è quello di poter esaminare scritture di persone ormai non più in vita da secoli.

  4. Altro vantaggio, forse più importante, è quello che attraverso l’analisi di uno scritto, non bisogna sollecitare il soggetto a dare delle risposte, in questo modo non si rischia in alcun modo di provocare reazioni emotive capaci di alterare i risultati del test.

Esistono delle differenze tra un’analisi condotta attraverso dei test proiettivi, e un’analisi invece di uno scritto. L’analisi della scrittura, a livello psicologico è un vero e proprio test proiettivo. Messa a confronto con altri test proiettivi di storica importanza come il Rorschach o il T.A.T., la grafologia ha dato prova di avere una certa superiorità, non solo per la grande quantità di contenuti simbolici che riesce ad estrapolare, ma anche per il fatto che nella scrittura, è lo stesso soggetto a fissare in modo permanente tutti gli aspetti della sua personalità. Mentre negli altri test proiettivi le reazioni del soggetto sono raccolte e annotate da chi esamina, la scrittura presenta al grafologo ciò che è stato annotato dal soggetto stesso, senza che si perda il minimo particolare. Inoltre, mentre i test offrono una foto istantanea delle reazioni del soggetto nelle sue attuali condizioni, la scrittura rivela il quadro completo delle esperienze vissute; una visione questa stabile, perché si basa su impronte lasciate da gioie e sofferenze, del passato e da timori e speranze per il futuro. (Palaferri, 2011, 44-45).

Conclusioni

L’articolo ha voluto presentare in maniera generale, l’origine e la struttura della grafologia morettina, spiegando come essa possa essere un valido strumento per lo psicologo.

Un grafologo può e deve attenersi il più possibile alle regole del metodo a cui fa riferimento, ma deve anche lasciarsi guidare dal suo istinto. Tenere in considerazione il suo lato umano; quel colpo d’occhio che individua una caratteristica dello scritto che nessun segno o regola ha posto in evidenza.

La grafologia è molto di più. La grafologia è combinazione, è saper essere fluidi, adattivi, aperti. È saper riconoscere che ogni scrittura è diversa dalle altre, così come ogni persona è differente da qualsiasi altra.

Per questo motivo la psicologia e la grafologia sono due materie di studio che possono affiancarsi e collaborare per un fine comune. Un grafologo che non sia anche psicologo, manca di qualcosa. Per quanto possa capire e comprendere al meglio la persona che ha davanti a sé, mancherà sempre di quell’intuito, di quel colpo d’occhio che potrebbe rivelare la natura dello scritto esaminato.

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